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6 domande da porsi prima di investire in una startup innovativa

Investire in una startup ha il potenziale per produrre rendimenti significativi, ma non è un’impresa priva di rischi, anzi! Non ci sono garanzie che una società alle prime armi decolli e, in caso di fallimento, gli investitori potrebbero non rivedere il proprio capitale. Prima di tuffarsi “a bomba” in un investimento del genere, anche se fatto attraverso un piattaforma di crowdfunding, che offre alcune garanzie interessanti, ci sono almeno 6 domande fondamentali che gli investitori devono, necessariamente, porsi prima di investire.

Premessa e aspetti CHIAVE da tenere bene a mente

Se tuo cugino, un vecchio compagno di scuola o il tuo amico d’infanzia è venuto da te per proporti un investimento nella sua nuova startup innovativa, considera che, nonostante il rapporto di fiducia, ciò che potrà sembrare l’idea del secolo, in realtà potrebbe non essere così redditizio.

  • Prima di investire, è importante comprendere l’alto livello di rischio implicato nell’investimento che si effettua nelle fasi iniziali di un’impresa.
  • Assicurati di fare “la tua due diligence”. A seconda dell’investimento potrebbe essere necessario assumere un ruolo attivo nella nuova società e toccare con mano i documenti (fact-checking). Se invece utilizzi una piattaforma di crowdfunding, accertati di controllare bene tutti i documenti proposti.
  • Presta inoltre attenzione al periodo di tempo previsto, al ritorno sull’investimento e al modo in cui alla fine incasserai i tuoi guadagni.
  1. Quale livello di coinvolgimento è richiesto o desideri?

Il livello di coinvolgimento che accompagna l’investimento in una startup corrisponde direttamente al tipo di investimento. Ad esempio, qualcuno che investe in una startup tramite un fondo d’investimento, avrebbe un’interazione limitata con il team che gestisce la start-up.

Con investimenti diretti invece, l’investitore oltre ad ottenere una quota di partecipazione nella società, veroismilmente ci sarà l’opportunità di partecipare al processo decisionale e di governance della startup. In confronto, un investitore che finanzia la campagna di crowdfunding di una startup riceverebbe sì una quota azionaria, ma non avrebbe lo stesso ambito di controllo di un investitore diretto che invece potrebbe negoziare condizioni specifiche circa valore delle quote e impegno nella società. In definitiva, è importante avere chiaro che tipo di coinvolgimento vorresti quando investi denaro in una startup.

  1. Qual è il periodo di tempo?

Per ogni storia di successo dall’oggi al domani, ci sono centinaia se non migliaia di startup che impiegano anni per realizzare un profitto. Tranne poche eccezioni, investire è un gioco a lungo termine, ma è importante avere un’idea della sequenza temporale in modo da poterla confrontare con le proprie aspettative personali. Mentre alcuni investitori potrebbero trovarsi a proprio agio nell’attendere dieci anni per realizzare un rendimento, altri potrebbero voler rientrare entro cinque anni.

Valutare il track record della startup può rendere più facile approssimare quanto sarà lungo l’orizzonte d’investimento. Un modo per giudicare il potenziale di un’azienda è la velocità con cui “brucia cassa” o la previsione relativa. Si tratta di verificare, attraverso i flussi di cassa, quanto denaro viene speso ogni mese. Se una startup è ancora nelle sue fasi iniziali ma gli assorbimenti di cash sono eccezionalmente alti, ciò potrebbe essere un segno che gli investitori aspetteranno più a lungo per ricevere delle remunerazioni inerenti le loro quote. Si tratta di un’indicazione generale che va sempre verificata e circostanziata di volta in volta. Questo perché, in alcuni casi, bruciare cassa è una necessità temporale limitata e controllata dagli amministratori.

  1. Qual è il tasso di rendimento previsto?

Gli investimenti in startup sono spesso alimentati dal desiderio di aiutare gli imprenditori, spesso molto giovani, ad avere successo, ma, diciamoci la verità, tutti sogniamo di trovare il nuovo unicorno e monetizzare con un moltiplicatore molto maggiore di 2 il nostro denaro investito! Analizzare il potenziale ritorno sull’investimento (ROI) associato a una particolare startup è un must per gli investitori che si concentrano sulla massimizzazione dei ricavi. Ancora una volta, i rendimenti dipendono dal tipo di investimento e dal livello di coinvolgimento dell’investitore stesso. Va inoltre considerato che in Italia, essendoci una speciale agevolazione che permette di detrarre e dedurre gli investimenti in startup innovative, ricordiamoci che sarà forse più redditizio (da valutare con i propri consulenti fiscali) mantenere il possesso delle quote acquisite per almeno 3 anni.

Per uno “startup investor” italiano, non è banale pianificare un rendimento annuo atteso perché di fatto si hanno diverse componenti soggettive (vedi ad esempio detrazione). Ad ogni buon conto, un rendimento compreso tra il 30% e il 40% calcolato per ogni anno, potrebbe essere un buon riferimento. Le società di  venture capital invece, assumendo un grado di rischio più elevato, si aspettano di conseguenza dei tassi di rendimento maggiori.

Quando si stimano i rendimenti, fare attenzione a non trascurare eventuali commissioni o costi associati all’investimento. Ad esempio, potrebbero essere applicate commissioni di gestione in caso di quotazione delle startup sui mercati azionari della borsa valori oppure costi relativi a tasse in caso di vendita delle proprie quote. In alcune nazioni, le piattaforme di crowdfunding addebitano anche agli investitori una commissione per utilizzare i loro servizi. Ovviamente, maggiore è la spesa associata a un particolare investimento, maggiori dovranno essere i rendimenti.

  1. In che modo l’investimento influisce sulla diversificazione?

La diversificazione è il parametro di riferimento di qualsiasi portafoglio di investimento solido e l’obiettivo numero uno è ridurre al minimo il rischio senza ridurre i rendimenti. Quando si considera un investimento in una startup, gli investitori devono essere consapevoli di come influisce sul loro mix complessivo di asset e sul livello di rischio. Trovare il giusto equilibrio, tuttavia, può essere complicato.

Con le azioni tradizionali, ci sono chiare divisioni tra classi di attività che rendono più facile distribuire il rischio. Le startup richiedono un modo diverso di pensare perché si tratta di “azzeccare l’idea giusta”; molto spesso infatti siamo di fronte a proposte imprenditoriali che sono agli albori e dove quindi, spesso, vale più una nostra sensazione “di pancia” che un modello di valutazione tecnico. Come regola generale, più sono le startup in cui un singolo soggetto investe, maggiori sono le probabilità di raggiungere i rendimenti ambiti. Allo stesso tempo, seminare  investimenti con ticket troppo bassi può ritorcersi contro se non ci sarà una exit importante nel nostro pacchetto.

  1. Esiste una chiara Exit Strategy?

Avere una precisa strategia di uscita è un requisito per qualsiasi investimento, ma è particolarmente importante con le startup. Agli investitori dovrebbero essere chiari gli obiettivi di exit della startup e su quando e come potranno riavere il loro investimento iniziale, insieme a eventuali ricavi associati. Ad esempio, un Angel Investor dovrebbe sapere a che punto del progetto sarebbe in grado di vendere le proprie quote e come farlo. Questo, tra l’altro, è il motivo per cui è necessario essere consapevoli del periodo di tempo in cui si svilupperà il progetto in cui si investe, in modo da assicurarsi di essere in grado di uscire in un punto in cui lo si desidera.

  1. E il Business Plan?

Il Business Plan è una delle chiavi di volta che aiutano un investitore a valutare una proposta innovativa. Alla base ci devono essere competenza, padronanza della materia e onestà (anche intellettuale) di chi lo redige. Ci sono alcune differenze nell’imparare a scrivere un business plan e nell’imparare a scrivere un business plan realistico che attiri gli investitori. Un Business Plan volto ad attirare gli investitori deve essere messo a punto per mostrare un ritorno, realistico e definito, sulle risorse che verranno investite nella startup. Purtroppo, spesso, si assiste a Pitch che includono Business Plan a dir poco fantasiosi o con numeri e frasi ad effetto per “allocchi”. In questi casi, basteranno pochi mesi per verificare il grado con il quale i numeri illustrati/proposti saranno disattesi e molto spesso con giustificazioni del tipo “il mercato non ha risposto” o “i clienti non hanno capito” o ancora, “abbiamo tempo per recuperare”.
Ecco, il monitoraggio, durante la vita del progetto, del business plan accettato in fase di sottoscrizione di un’offerta di investimento, dovrebbe essere una “sana abitudine finanziaria” per ogni investitore in startup.

        Concludendo

Investire in startup è un’ottima opportunità per espandere il proprio portafoglio, diversificare gli investimenti e contribuire al successo di un imprenditore, ma, di contro, occorre tenere ben presente che c’è un elevato livello di rischio. Anche se una startup potrebbe presentare delle proiezioni di flussi di cassa importanti, alta scalabilità e business plan fantastici, ciò che sembra buono sulla carta potrebbe non tradursi in realtà. Prendersi il tempo per valutare con attenzione i progetti, parlare con i Team, fare domande e leggere tutto quello che viene inserito nei documenti proposti, è qualcosa che gli investitori non possono evitare. E infine, una volta che si è fatto l’investimento, controlla i numeri per verificare l’andamento delle promesse che ti sono state fatte.

 

iNSQUARED Holding è una società composta da Business Angel che investe in Startup e PMI innovative.

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